Il piccolo mondo marino nelle argille di Bargiano

I Foramiferi planctonici

Le argille di Bargiano che contengono le strutture di ambra grigia fossile (coproliti) e lo scheletro di cetaceo misticeto (balena) sono ricchissime in foraminiferi planctonici e bentonici.
I foraminiferi planctonici, ed il nannoplancton calcareo, hanno permesso di datare i depositi marini al Pleistocene inferiore (circa 1.7 milioni di anni fa).

I foraminiferi bentonici hanno fornito importanti informazioni sull’ecologia del paleofondale marino.
I foraminiferi bentonici sono del tipo infaunale (vivono infossati nel sedimento) che epifaunale (vivono adagiati sul sedimento). L’abbondanza di foraminiferi bentonici infaunali ed epifaunali ci evidenziano che sul fondo si aveva una grande disponibilità di nutrienti (sostanza organica prodotta dallo smantellamento delle carcasse di cetacei).

La presenza di Hyalinea balthica, Lenticulina calcar, Heterolepa floridana e Gyroidina altiformis ci indicano, inoltre, la presenza di acque fredde in corrispondenza del fondale marino.

La specie infaunale Vaginulina striatissima è risultata la più abbondante nei campioni provenienti dalle vicinanze dei resti scheletrici di cetaceo e delle coproliti.

La particolarità di questa forma è da ricercare nelle caratteristiche morfologiche del guscio che appaiono modificate rispetto a quelle finora conosciute. E’ possibile che si tratti di una nuova specie adattatasi a vivere in condizioni particolari, correlate con gli eventi di affondamenti di cetacei (Whale falls). Le peculiarità osservate nei campioni del sito di Bargiano, potrebbero fornire nuove ed importanti informazioni sull’evoluzione delle microfaune ed in particolare sullo sviluppo di microforaminiferi bentonici “opportunisti”.

Vaginulina striatissima. Variabilità delle forme dei gusci con dettagli morfologici quali spine, coste e aperture boccali.

I Radiolari: protozoi a guscio siliceo

I radiolari sono microrganismi unicellulari planctonici marini (protozoi), di dimensioni comprese tra 50 e 300 micron, con scheletro costituito di silice amorfa (opale) e morfologie molto variabili. Si sono diffusi in tutti i bacini marini a partire dal Cambriano (più di 500 milioni di anni fa) e vivono ancora oggi nelle acque degli oceani. Sono presenti a tutte le latitudini, in tutta la colonna d’acqua, dalla zona fotica superficiale fino alle piane abissali. Vivono soprattutto come individui isolati, ma si possono anche trovare raggruppati in colonie di diverse forme e dimensioni, che possono raggiungere anche i 5 m di lunghezza; queste colonie sono costituite da centinaia di individui legati da filamenti citoplasmatici, avvolti in un involucro gelatinoso.

I radiolari sono molto sensibili alle differenze di temperatura e di chimismo dell’acqua e risultano perciò degli ottimi indicatori paleoceanografici.

La distribuzione dei radiolari negli oceani è determinata da condizioni ecologiche delle masse d’acqua in cui vivono. I radiolari sono facilmente trasportati e distribuiti in zone con condizioni ambientali a loro favorevoli. L’accumulo dei gusci di radiolari nei sedimenti oceanici attuali riflette il sistema delle correnti oceaniche che li ha ridistribuiti.

Foto al Microscopio elettronico a scansione- Da notare la grande variabilità morfologica dei gusci

I più piccoli crostacei al mondo: gli Ostracodi

Gli ostracodi sono una classe di piccoli Crostacei (phylum Artropoda) racchiusi in un guscio bivalve (carapace) per lo più calcificato. Molte specie hanno una lunghezza compresa tra 0.5 e 1.5 mm. Il carapace ha forma di fagiolo, di rene o ovoidale, con una cerniera sul lato dorsale. Il carapace viene sostituito varie volte (mute) fino a quando l’individuo raggiunge lo stadio adulto.

Vivono in ambienti umidi continentali (laghi, paludi, fiumi, sorgenti, grotte) ed in tutti i mari. Si nutrono di alghe, batteri e detriti organici.

Le associazioni rinvenute a Bargiano sono molto ricche di specie che ci forniscono indicazioni sull’ecologia dell’antico ambiente: il fondale raggiungeva profondità di -100 m ed era ricco di detriti organici, batteri ed alghe, cibo fondamentale per gli ostracodi.