Allerona: Storia, Tradizioni, Natura, Cucina

Storia

L’insediamento, probabilmente etrusco, di Lerona era posto sul tracciato dell’antica strada Roma-Chiusi: la Cassia prima, la Traiana dopo. Della strada romana sono rimasti tratti di selciato e due colonne miliari.
Nel medioevo Allerona fu un castello alleato del Comune di Orvieto – da cui dista una ventina di km – contro Chiusi. Del castello feudale, costruito nel 1275 dalla famiglia Monaldeschi e passato poi ai Filippeschi. si conservano l’impianto urbano, alcuni tratti della cinta muraria e i due ingressi chiamati Porta del Sole e Porta della Luna. Distrutto da Carlo VII nel suo passaggio in Italia (1494-95), nemmeno un secolo dopo, nel 1585, il castello era già stato riorganizzato dalla comunità rurale di Allerona che si era data un proprio Statuto.
I Monaldeschi esercitavano il potere attraverso un visconte che risiedeva nel Palazzo Visconteo, ampliato in età rinascimentale e oggi di proprietà privata. Sulla destra si nota la chiesa a navata unica di Santa Maria Assunta, risalente al XII secolo ma ristrutturata alla fine dell’Ottocento, come rilevano anche le pitture eseguite dal senese Arturo Viligiardi nel 1896. L’interno è pregevole grazie alle decorazioni di terracotta, al pulpito e alle finestre in alabastro.
Da Via del Poggio si arriva per angoli nascosti in Via della Madonnina, dove sono ben visibili le mura castellane che fortificavano il borgo. Le numerose ristrutturazioni hanno cambiato la fisionomia della chiesa di San Michele Arcangelo, che in realtà è coeva a quella di Santa Maria Assunta (XII secolo). Nella piazzetta del Fiore, che si raggiunge da Via delle Fonti, all’angolo con Via Centrale, al numero civico 3 è posto l’edificio che dal 1373 al 1739 ospitò l’Ospedale dei Poveri, che concedeva rifugio e sollievo a pellegrini, viandanti e a persone prive di risorse.
Ma l’edificio forse più bello è la piccola chiesa rurale della Madonna dell’Acqua, appena fuori del borgo, costruita in pietra e cotto e con una curiosa forma ottagonale nei primi decenni del Settecento, accanto ad una fonte creduta miracolosa, dove già nel Quattrocento era stata eretta una cappella votiva.

Il nome “Allerona” trae origini dal termine lallerone o lerone che, in dialetto locale, indica l’albero di corbezzolo.

 Le tradizioni

I Pugnaloni

Dall’origine pagana agli adattamenti dovuti alla cristianizzazione della festa, dalla più antica ritualità all’odierna celebrazione, Maggio – mese vocato all’espandersi della natura, alle messi che gonfiano, alla rinascita abbondante e piena – pullula ovunque di feste patronali e tradizionali. Una delle più sentite e interessanti è certamente quella che ad Allerona celebra Sant’Isidoro, patrono della campagna e degli agricoltori, popolarmente nota come Festa dei Pugnaloni.

La ricorrenza, le cui origini potrebbero risalire al paganesimo ed essere collegate con l’offerta delle primizie della terra a Cerere, dea delle messi, o a Mercurio, dio del commercio, avrebbe poi subìto, probabilmente a partire dalla metà del 1700, una contaminatio legata all’espandersi del culto di Sant’Isidoro. Canonizzato nel 1622 da papa Gregorio XV insieme a figure quali Ignazio di Loyola, Teresa de Avila, Francesco Saverio e Filippo Neri, Isidoro di Madrid (1080-1130), semplicemente detto Isidoro contadino, si era guadagnato la santità con una vita di preghiera, di condivisione dei parchi beni con i più poveri e di retto, instancabile lavoro.

Si narra che il bracciante di Giovanni de Vargas, ricco proprietario terriero, prima e durante il lavoro pregasse intensamente per rendere il suo operato più proficuo e leggero; e che il padrone, in parte stupito di risultati così lusinghieri, in parte spinto dalle maldicenze degli altri braccianti che davano Isidoro per assenteista – sia pure a vantaggio della preghiera – si accorgesse, spiandolo, di come, mentre lui pregava, due forme angeliche lavorassero al suo posto trainando il carro dei buoi. Ovvio, dunque, come sia diventato protettore del mondo agricolo e come la sua memoria, che ricorre il 15 maggio, sia legata, in Italia e non solo, ai riti che celebrano la vita dei campi.

Prima di questa integrazione a carattere religioso la festa sarebbe da ritenere, secondo lo storico Pericle Perali, di carattere preminentemente mercantile, supposizione che troverebbe riscontro nella data di metà maggio, epoca in cui nel calendario romano era fissato “il giorno del gran lavoro” dei mercanti.

Quanto al termine “pugnalone”, sebbene un’ipotesi lo faccia risalire al latino pugna, vale a dire combattimento – come è probabile per l’analoga festa
tradizionale di Acquapendente, che però non celebra la vita dei campi ma la libertà, ricordando la vittoriosa rivolta del popolo contro l’esercito di Federico Barbarossa – è più probabile, per Allerona, l’ipotesi che lo riconduce a pungolo, ossia al bastone munito ad un’estremità di un puntale di ferro e all’altra di un raschietto, usati dai contadini per sollecitare i buoi a muoversi e per pulire l’aratro dalle zolle.

I Pugnaloni attuali – così concepiti dal secondo dopoguerra – sono carri allegorici che, sormontati dal caratteristico albero di pioppo ornato di nastri a vari colori, riproducono scene di vita e di lavoro dei campi. I personaggi, gli animali, gli attrezzi agricoli sono costruiti in legno e argilla dagli abitanti del luogo e sempre presente è, nella raffigurazione, la scena di Isidoro che prega mentre gli angeli conducono l’aratro.

In una notizia riportata da Pericle Perali nel 1939, i Pugnaloni di anteguerra sono invece descritti, sia dal punto di vista plastico che nelle modalità rituali, in modo diverso, a testimonianza di come anche le tradizioni più consolidate subiscano mutamenti. Ecco come ne parla il Perali:

I Pugnaloni di Allerona consistono in un’asta di circa tre metri il cui ultimo metro è avvolto da una gabbia ovoidale, formata di fruste o verghette flessibili di legno e somigliante a una grossa rocca da filare. La gabbia è tutta ornata di nastri a colori vivaci, di fiori freschi di campagna fissati sulle fruste e dalla sommità della gabbia esce, in alto, isolato, un mazzo compatto di fiori, a forma di pomo o di testa. Dentro la gabbia dondolano, sospesi a cordicelle e a nastri, formaggi freschi, fiaschetti di vino, nidi di uccelli, arnesi da bifolco, piccoli aratri di legno, piccoli bovi di terracotta, lesine, martelli…Dal di sotto della gabbia pendono cortigli con motti e proverbi in lode dell’agricoltura e della vita campestre e pendono fotografie con ritratti del portatore del Pugnalone e della sua famiglia“.

Ad Allerona,oggi come ieri, ogni anno per la seconda domenica di maggio, dopo la funzione religiosa del mattino i Pugnaloni sfilano per le vie del paese con un corteo di figuranti in costume alleronese della seconda metà del 1800, la banda, il clero con l’immagine di Sant’Isidoro, il gonfalone del Comune e le autorità municipali, per poi essere premiati da una commissione e sostare in esposizione l’intera giornata nel centro storico. Ma mentre un tempo erano i portatori stessi ad offrire a chi conveniva le primizie della vita campestre contenute nei Pugnaloni, oggi sono piuttosto le associazioni di promozione turistica ad organizzare, nel pomeriggio tra la rievocazione degli antichi mestieri, una più moderna degustazione di prodotti tipici alimentari. Il tutto unito, ovviamente, a tutta quella serie di festeggiamenti che ogni festa tradizionale comporta e che non durano un giorno solo.

 La Natura

L’Area Naturale Protetta “Selva di Meana”

Il nome dell’Area Protetta si deve all’antichissimo borgo di Meana, abbandonato ormai da alcuni decenni, di cui sono visibili le rovine su un’altura che domina la media valle del Paglia e i terreni sottostanti connotati da un’eposizione e un’altitudine ideali per le colture di vite e olivo. Al suo interno si trova anche la splendida Villa Cahen, una prestigiosa residenza dei primi del ‘900 dove, oltre al panorama mozzafiato sul tratto più selvaggio della valle del Paglia, si possono ammirare diversi tematismi di giardino: il parco inglese, il giardino giapponese, quello all’italiana, le serre tropicali. L’area soggetta a protezione si estende su 3255 etteri tutti situati nel Comune di Allerona. E’ caratterizzata dalla notevole presenza di proprietà pubbliche appartenenti in prevalenza al patrimonio agro-forestale regionale umbro in gestione all’Agenzia Forestale Regionale e in parte a quello statale in gestione all’ex ASFD. Fu proprio l’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali ad acquisire la gran parte di questi terreni negli anni ’50 e ’60 in concomitanza con lo spopolamento delle campagne. Su molti dei campi fino ad allora coltivati, per prevenire  fenomeni di dissesto ed erosione, vennero operati dei rimboschimenti con conifere ed è per questo che accanto ai boschi di latfoglie si trovano ora numerose pinete. Dai rimboschimenti vennero esclusi gli oliveti che già garantivano un’azione di preservazione del suolo, tutt’ora in produzione forniscono un olio di riconosciuta eccezionale qualità che potrete gustare mangiando da noi. Insieme ad ampi territori del Monte Peglia e della valle del Chiani, l’Area Naturale Protetta Selva di Meana fa parte dello STINA (Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico Ambientale), uno strumento di programmazione territoriale volto a valorizzare le risorse naturalistiche e culturali e a promuoverne lo sviluppo secondo criteri di sostenibilità.

Il Parco di Villalba

Il Parco di Villalba si trova nella parte più alta dell’Area Naturale Protetta Selva di Meana, a ridosso della Riserva Naturale Monte Rufeno, al centro di una fetta di territorio interamente boscato tra le più vaste della fascia preappenninica, che si estende per diverse migliaia di ettari nei comuni Allerona, San Casciano dei Bagni e Acquapendente, al confine tra UmbriaToscana e LazioVillalba è da tempo immemorabile un importante snodo viario nella comunicazione tra la Val di Paglia e la Val di Chiana e di conseguenza tra la Via Romea e la Via Francigena che erano collegate dalla Strada Perugina che univa Acquapendente a Città della Pieve passando proprio di qui. Nel periodo successivo alla costruzione della ferrovia e fino agli anni cinquantaVillalba era invece luogo di stoccaggio e smistamento di legname e carbone, punto di riferimento logistico di carbonai, tagliatori, barrocciai. Villalba oggi, è conosciuta soprattutto per l’area attrezzata con braceri, tavoli, pista per concerti, ballo ed eventi, dove gli abitanti dei paesi circostanti salgono nei periodi più caldi dell’estate per trovare l’aria fresca che quassù non manca mai grazie all’altitudine e alla particolare esposizione verso nord.  Al suo interno la Cooperativa Oasi gestisce il punto ristoro de La Baita e a poca distanza, sempre nell’area protetta, le case vacanze di Acquaviva e di Hosteria di Villalba con il ristorante e il campeggio.

Fauna

Camminando per i boschi può capitare di intravvedere una ghiandaia o un picchio che volano tra gli alberi, uno scoiattolo che salta da un ramo all’altro, una lepre che corre zigzagando, a volte si incontrano anche volpi o, specialmente verso sera, animali di taglia più grossa come cinghiali, daini, caprioli, piu raramente un istrice o un tasso. Ma il più delle volte dovremo accontentarci di osservarne le tracce. La gran parte degli animali hanno abitudini notturne e di giorno se ne stanno ben mimetizzati nel folto della vegetazione, un eventuale incontro con loro è quindi un evento fortunato. Non c’è nessun pericolo a meno che non cerchiate di avvicinarvi ai piccoli, tutti hanno paura dell’uomo e appena si accorgono di noi scappano, incluso il lupo, presente ma praticamente impossibile da vedere, che mangia vecchiette solo nelle favole. Di notte restando un po’ in silenzio è facile sentire l’allocco, la civetta e d’estate l’assiolo. Alzando gli occhi nel cielo invece può capitare di veder volteggiare poiane, gheppi, sparvieri, nibbi, albanelle ed anche il falco biancone un grande rapace migratore che nidifica nella valle del Paglia, si nutre quasi principalmente di rettili e serpenti che a loro volta mangiano roditori, la sua presenza è quindi indice di un ambiente integro dove la catena alimentare e ricca per ogni specie. Ma anche animali più piccoli come la salamandrina o i tritoni che si trovano spesso nei fontanili dei vecchi poderi sono importanti indicatori biologici.

La vegetazione

Il territorio della Selva di Meana è ricoperto da fitti boschi che racchiudono un patrimonio di biodiversità di straordinaria importanza e ricchezza dove diverse consociazioni vegetali si susseguono e si fondono a tratti man mano che dai 200 mslm del Fiume Paglia si sale agli oltre 800 mslm di Poggio Spino. Dalla vegetazione ripariale fatta di pioppi, salici, ontani, si passa alla macchia di tipo mediterraneo delle zone basse dove alle caducifoglie si aggiungono specie sempreverdi come leccio, corbezzolo, fillirea, lentisco. Poco più in alto la tipica consociazione termofila dominata dalla roverella, con acero minore, carpino nero, olmo e orniello presente quest’ultimo insieme al sorbo ciavardello, all’acero campestre e al ciliegio selvatico anche nel bosco delle fresche alture di Villalba dove prevalgono cerro, rovere e carpino bianco.  Tra gli alberi minori, alle varie altitudini  si trovano il ginepro rosso e quello comune, l’erica arborea, il melo e il pero selvatico, il prugnolo, il corniolo comune e il sanguinello, il biancospino, il sambuco, il nespolo, le ginestre, ma anche il raro Malus florentina, ibrido tra sorbo ciavardello e melo selvatico. Tra le innumerevoli specie erbacee anche altre piante rare come la santolina etrusca, il narciso dei poeti, il giglio rosso e circa quaranta specie di orchidee spontanee.

Boschi, Sentieri, Tempo Libero…Il sito web del Parco di Villalba

 La Cucina

L’Hosteria di Villalba: la buona cucina della Cooperativa sociale di Comunità O.A.S.I

Attingendo alla ricca tradizione del nostro territorio, cerchiamo di riproporre la genuina semplicità della cucina tipica del mondo contadino legata ai prodotti, al clima e ai tempi delle stagioni. Lo facciamo acquistando, per quanto possibile, le materie prime direttamente da produttori locali che praticano un agricoltura sostenibile, rispettosa dell’ambiente e delle persone. In particolare l’olio extra vergine di oliva, gli ortaggi e le erbe spontanee che usiamo sono prodotti e raccolti dalla Cooperativa Sociale Oasi Agricola che promuove l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

Nel menù riportiamo alcuni piatti tipici della nostra cucina e del territorio quasi sempre presenti nella nostra proposta, a questi se ne aggiungono spesso altri, che ci vengono suggeriti dalla stagione, dalle ricorrenze, dalla disponibilità delle materie prime, dall’estro e dall’ispirazione di cuoche e cucinieri.

Hosteria di VillalbaApre in una nuova finestra il sito dell'Hosteria di Villalba

Un pò di storia

Una località denominata Hosteria tra Lerona (Allerona) e Trivugnano (Trevinano) si trova già in una vecchia carta del “Territorio di Orvieto Parte del Patrimonio di San Pietro”, probabilmente redatta dal famoso cartografo Giovanni Antonio Magini di cui il figlio Fabio fece omaggio al vescovo di Bagnorea (Bagnoregio) nel 1620. Resti della vecchia osteria sono ancora visibili a poca distanza dall’Hosteria di Villalba. Gli anziani che abitavano i poderi dei dintorni ne ricordano parte delle mura ancora in piedi negli anni ‘30 del secolo scorso. Un testo sulla storia del brigantaggio nel viterbese la cita come ultima fatiscente dogana dello Stato Pontificio. Con tutta probabilità dopo quest’ultimo utilizzo l’Hosteria venne definitivamente abbandonata e parte dei materiali utilizzati per la costruzione di una nuova casa rurale. Casanova è infatti il nome del casolare ora ristrutturato che ospita l’Hosteria di Villalba. I due toponimi sono ben visibili sulle carte topografiche della zona tuttora in uso.