Perché i cetacei ad Allerona? Un giallo del Pleistocene…
Ad Allerona e dintorni si sono susseguiti negli anni importanti rinvenimenti sia di resti scheletrici di misticeti che le tracce della presenza degli odontoceti.
Notizie sulla presenza degli odontoceti di piccola taglia ci vengono fornite dal rinvenimento di denti di delfini, mentre per i grandi odontoceti l’unica testimonianza, finora, è quella delle masse di ambra grigia fossile formatasi nell’intestino dei capodogli.
Purtroppo finora non si sono rinvenuti resti scheletrici di capodogli, ma si spera di essere più fortunati in futuro!
Una domanda sorge spontanea: come mai tutti questi cetacei nei depositi marini di Allerona? Finora, in mancanza di dati scientifici, possiamo solo avanzare delle ipotesi.
Le possibili ipotesi possono essere: 1) i cetacei si radunavano nel “Golfo” di Allerona alla ricerca di prede da cacciare (totani e calamari), oppure 2) femmine e cuccioli si riparavano in questa zona poco profonda e tranquilla, lontano da predatori e dai grandi adulti maschi, oppure 3) individui malati hanno cercato rifugio e cibo in acque poco profonde e protette.
Sappiamo con certezza che sono entrati in questo golfo ma alcuni non sono usciti….. Cosa ne ha provocato la morte? Il Golfo è diventato una trappola mortale? Perché?
La ricerca deve ancora dare delle risposte.
Nuovi indizi sono emersi dalla campagna di rilevamento svolta dai ricercatori nel 2017: la ricerca in questo momento si è concentrata su particolari strutture rinvenute lungo il letto del fiume Paglia.
L’evento di alluvionamento del 2012 che ha asportato la grande massa di ciottoli fluviali, ha messo in luce le argille marine del pleistocene da cui emergevano strane strutture.
Un caro amico alleronese, Ermindo Tardiolo, profondo conoscitore del territorio ci ha segnalato che lungo il letto del Paglia, nella zona di Allerona scalo, erano visibili strane strutture: alcune somigliavano per forma e dimensioni a delle grosse vasche ellittiche altre a grandi “tubi” verticali.
Ci ha accompagnati a vedere queste “strane” strutture e con grande gioia e meraviglia ci siamo trovati di fronte ad un inaspettato panorama.
Dalle argille grigie emergevano strutture coniche ed ellittiche di roccia dura, e molte di esse avevano una o più aperture circolari simili a bocche. L’aspetto ricordava delle particolari strutture che in ambienti marini attuali si formano durante l’emissione di gas e fluidi.
Il nome scientifico con cui si indicano queste strutture è “cold seeps”; per cold seeps (emissioni di gas freddi) si intendono dei sistemi di emissioni, principalmente di gas e liquidi, che fuoriescono dal fondale marino a basse temperature.
La forma delle strutture, costituite da roccia carbonatica, è molto variabile ed ognuna di esse possiede una o più aperture circolari (bocche di emissione) ancora aperte.
Questi condotti sono la testimonianza delle fratture, aperte sull’antico fondale marino, da cui fuoriuscivano gas e fluidi. Le emissioni negli ambienti marini attuali, solitamente sono costituite da acido solforico, metano e liquidi ricchi di idrocarburi; al loro intorno si sviluppano ecosistemi unici e particolari che possono essere assimilati a delle “oasi”, in cui proliferano batteri e microbi, comunità a molluschi che vivono in simbiosi con questi batteri, e foraminiferi che si cibano di tappeti batterici.
La forma delle strutture, costituite da roccia carbonatica, è molto variabile ed ognuna di esse possiede una o più aperture circolari (bocche di emissione) ancora aperte.
Questi condotti sono la testimonianza delle fratture, aperte sull’antico fondale marino, da cui fuoriuscivano gas e fluidi. Le emissioni negli ambienti marini attuali, solitamente sono costituite da acido solforico, metano e liquidi ricchi di idrocarburi; al loro intorno si sviluppano ecosistemi unici e particolari che possono essere assimilati a delle “oasi”, in cui proliferano batteri e microbi, comunità a molluschi che vivono in simbiosi con questi batteri, e foraminiferi che si cibano di tappeti batterici.
Esempi fossili di condotti da cui venivano emessi fluidi e gas (anidride carbonica e/o metano) sono molto conosciute e diffuse in tutto il mondo.
In Italia i più studiati e conosciuti sono quelli dell’Appennino settentrionale che affiorano lungo i letti dei fiumi Stirone ed Enza (Emilia Romagna) e che si sono formati nel Pliocene e nel Pleistocene inferiore.
Il confronto con gli esempi fossili ci permette di avanzare l’ipotesi che nel golfo di Allerona ci fosse un ambiente marino con acque avvelenate da sostanze chimiche letali.
Le ricerche sulle strutture del F. Paglia sono attualmente in corso ma, se i dati geochimici, isotopici e paleontologici ne confermeranno la genesi da risalite di fluidi e gas con idrocarburi, esse saranno il primo evento segnalato in Umbria per il Pleistocene inferiore.
Questo vasto campo di camini carbonatici e le altre strutture assimilabili a “vulcani di fango” aprono un nuovo campo di ricerca e potrebbero assumere un ruolo importante per la comprensione dei fenomeni di emissione durante il Pleistocene inferiore ed i loro possibili coinvolgimenti negli eventi di mortalità dei cetacei.
Il consistente numero di reperti di balene e capodogli, documentati nell’areale Alleronese, potrebbe essere collegato con le emissioni di sostanze tossiche sul fondale marino.
Il Golfo di Allerona, in cui i cetacei si introducevano alla ricerca di cibo divenne, con le sue acque avvelenate, una trappola mortale.
Le grandi carcasse dei cetacei raggiungevano il fondale e qui davano vita ad un ecosistema molto particolare.